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Le Resolvine potrebbero aiutare a rallentare la malattia di Parkinson


Lo sviluppo della malattia di Parkinson potrebbe essere rallentato grazie alle Resolvine, molecole prodotte dall'organismo umano per spegnere processi infiammatori e riparare i tessuti danneggiati da questi processi.

Da tempo la ricerca sta ponendo attenzione sui possibili rapporti tra stati infiammatori e malattie neurodegenerative.
In uno studio pubblicato su Nature Communications, ticercatori dell’Università di Roma Tor Vergata, Fondazione Santa Lucia IRCCS e Università Campus Bio-Medico di Roma, hanno rilevato un ridotto livello di una specifica Resolvina, la Resolvina D1, in pazienti affetti da malattia di Parkinson, e sono quindi intervenuti in modo sperimentale su modelli di laboratorio per riequilibrare la presenza di questa molecola nell’organismo.
E' stato così possibile rallentare il processo neurodegenerativo che caratterizza la malattia di Parkinson.

La proteina alfa-sinucleina, nota per il ruolo chiave nello sviluppo della malattia di Parkinson, causa molto precocemente un cattivo funzionamento dei neuroni dopaminergici. Le conseguenze sono disturbi motori e cognitivi, ma anche un’aumentata neuroinfiammazione associata a ridotti livelli di Resolvina D1 che sono stati osservati nel sangue e nel liquor cefalorachidiano di pazienti affetti da Parkinson, in cura presso il Policlinico di Tor Vergata.

Partendo da questa osservazione, i ricercatori hanno somministrato Resolvina D1 in modelli di laboratorio e dopo due mesi di trattamento hanno potuto osservare una progressiva riduzione dello stato infiammatorio e del processo degenerativo che nella malattia di Parkinson provoca la distruzione dei neuroni deputati alla produzione di dopamina. Con essi si sono ridotti anche i sintomi motori e comportamentali caratteristici della malattia.

Ad oggi, la diagnosi di malattia di Parkinson avviene tardivamente, quando più della metà dei neuroni dopaminergici è già andata distrutta e non si dispone di terapie per rigenerarli.
Essere riusciti a intervenire in laboratorio su un processo infiammatorio collegato a questa neurodegenerazione prima che i neuroni dopaminergici siano andati persi per sempre, fa ben sperare per future sperimentazioni cliniche in grado di rallentare o auspicabilmente arrestare lo sviluppo della malattia.

I risultati dello studio offrono nuovi spunti non solo per l’individuazione di terapie efficaci ma anche nell’anticipazione dei tempi di diagnosi della malattia.
È ragionevole ipotizzare che la presenza ridotta di Resolvine in pazienti affetti da Parkinson possa in futuro servire anche come marcatore precoce della malattia. ( Xagena Medicina )

Fonte: Fondazione Santa Lucia IRCCS, 2019

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Per aggiornamenti sulla Malattia di Parkinson: ParkinsonOnline.net https://www.parkinsononline.net/


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