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La terapia CAR-T nel trattamento dei linfomi


La tecnologia CAR-T si basa sull’idea di sfruttare la capacità del sistema immunitario di riconoscere il tumore, e rappresenta un passo in avanti rispetto a non molti anni fa, quando per molti tumori ematologici, l’unico metodo di cura disponibile era la chemioterapia.

La terapia CAR–T ha dimostrato di modificare la prognosi di linfomi aggressivi per i quali non erano disponibili alternative concrete. Oggi questi pazienti hanno una possibilità in più di controllare la malattia e anche la possibilità di guarire.

Ad oggi in Italia sono 12 i Centri autorizzati per la terapia CAR-T. In Italia, la terapia CAR-T è approvata per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B e per il linfoma mantellare per il quale gli esiti sono particolarmente promettenti.
E' ancora in fase di sperimentazione contro il linfoma follicolare.

I linfomi rappresentano uno degli esempi di neoplasia in cui la moderna onco-ematologia ha ottenuto i migliori risultati terapeutici soprattutto in confronto ad altre neoplasie solide.
I linfomi si dividono in due grandi categorie: linfoma non-Hodgkin ( LNH ) e il linfoma di Hodgkin ( LH ).

Nei linfomi non-Hodgkin con l’attuale associazione di immunoterapia ( Rituximab, un anticorpo monoclonale diretto contro le cellule B CD20+ ) e chemioterapia è possibile ottenere delle risposte complete che variano tra il 60-80% dei casi, in considerazione dell’età del paziente e del tipo istologico, che a distanza di anni possono essere considerate delle guarigioni.

Per il linfoma di Hodgkin l’associazione di chemioterapia e radioterapia rappresenta ancora il trattamento standard con una possibilità di guarigione in quasi il 90% dei casi. L’immunoterapia ( Brentuximab, un anticorpo monoclonale diretto contro le cellule CD30+ ) rappresenta maggiormente la terapia del paziente con linfoma di Hodgkin ricaduto o refrattario al trattamento standard.

Recentemente, una nuova terapia CAR-T ha mostrato risultati incoraggianti per i pazienti con linfoma a cellule del mantello con malattia refrattaria alla terapia di inibizione della tirosin-chinasi di Bruton ( BTK ). I risultati dello studio di fase 2, pubblicati su The New England Journal of Medicine ( NEJM ), hanno rivelato una sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) del 61% e una sopravvivenza globale ( OS ) dell’83%, a una mediana di 12 mesi dopo trattamento con la terapia CAR-T KTE-X19.

Nella sperimentazione di fase 2, denominata ZUMA-2, i ricercatori di 20 Centri negli Stati Uniti e in Europa hanno arruolato 74 adulti con linfoma mantellare recidivante o refrattario per ricevere un’infusione di KTE-X19.
La maggior parte dei pazienti era stata trattata con almeno 3 e fino a 5 terapie precedenti, e tutti erano stati trattati con un inibitore di BTK, Ibrutinib o Acalabrutinib. L’88% dei pazienti non aveva avuto risposta o aveva perso la risposta nel corso della terapia con inibitori di BTK e i pazienti rimanenti avevano recidivato dopo interruzione del trattamento con inibitori di BTK o avevano manifestato eventi avversi intollerabili.

Dopo aver sottoposto i pazienti a leucoaferesi, i ricercatori hanno somministrato una terapia ponte facoltativa nel 37% dei partecipanti che avevano un alto carico di malattia, dando un glucocorticoide da solo o in combinazione con Ibrutinib o Acalabrutinib. La maggior parte dei destinatari della terapia ponte ha avuto un aumento del carico di malattia nonostante il trattamento.
Dopo la leucoaferesi e la terapia ponte, ai pazienti è stata somministrata la chemioterapia di condizionamento e una singola infusione di KTE-X19.

KTE-X19 è stato prodotto per 71 pazienti, di questi 68 hanno ricevuto il trattamento per una mediana di 16 giorni dopo la leucoaferesi.
Dei sei pazienti che non hanno ricevuto la terapia con cellule CAR-T, tre hanno manifestato trombosi venosa profonda, uno è morto a causa di progressione della malattia, uno si è ritirato dallo studio e uno ha sofferto di fibrillazione atriale ed è stato considerato non-ammissibile.

Tra i 60 pazienti nell’analisi di efficacia primaria prespecificata, il 93% ( IC 95%, 84-98% ) e il 67% ( IC 95%, 53-78% ) hanno avuto, rispettivamente, risposte obiettive e complete al trattamento, 6 mesi dopo l’infusione.
Il tempo mediano alla risposta iniziale è stato di 1 mese e il tempo mediano per completare la risposta è stato di 3 mesi.

Dopo una mediana di 12.3 mesi ( intervallo, da 7 a 32.3 mesi ), il 57% di quelli nell’analisi di efficacia primaria era in remissione e la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale erano rispettivamente del 61% e dell’83%.

Alla data cut-off finale pre-pubblicazione finale, il 78% di coloro che avevano avuto una risposta completa iniziale era in remissione e il 76% di tutti i pazienti era vivo.

In una analisi intention-to-treat a 6 mesi che ha incluso tutti e 74 i pazienti arruolati, l’85% ha presentato una risposta obiettiva ( ORR ) e il 59% aveva una risposta completa ( CR ).

Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati: neutropenie, trombocitopenie e anemia, verificatesi nel 94% dei 68 pazienti trattati.
Altri eventi avversi comuni di grado 3 o maggiore includevano: infezioni, riscontrate nel 32%; sindrome da rilascio di citochine, che si è verificata nel 15%, ed eventi neurologici, nel 31% dei pazienti.
Non ci sono stati decessi correlati al trattamento.

Lo studio ha dimostrato che una singola infusione di KTE-X19 era in grado di indurre remissioni durature nei pazienti con linfoma mantellare recidivante o refrattario dopo il fallimento della terapia con inibitori di BTK. ( Xagena Medicina )

Fonte: AIL & ASCO, 2020

Xagena_Salute_2020


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