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La mortalità dei pazienti con tumori HIV-correlati è quintuplicata rispetto ai soggetti senza infezione da HIV



L’Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ) stima in più di 36 milioni le persone infettate dal virus HIV ( virus dell'immunodeficienza umana ) nel mondo nei primi anni del nuovo millennio. Di queste oltre il 50% sono abitanti dell’Africa sub-sahariana.
Più recenti e vaste epidemie si stanno sviluppando in Asia centrale e in Europa orientale. Cumulativamente si stima che oltre 25 milioni di persone in tutto il mondo siano morte per AIDS.
In Italia, a partire dal 1982, sono stati diagnosticati oltre 69mila casi di AIDS, con un tasso di mortalità del 64%.

Nei Paesi occidentali la diffusione della terapia antiretrovirale di combinazione, nota come cART, ha modificato radicalmente sin dal 1996-97 lo spettro epidemiologico e clinico dell’infezione.
Nell’era cART, l’incidenza di AIDS in Italia si è stabilizzata a livelli inferiori al 50% rispetto a quelli del 1995, anno del picco dell’epidemia, mentre l’incidenza delle nuove infezioni rimane ancora molto alta ed è stimata intorno a circa 3.5 mila casi per anno.
Nel tempo sono mutate anche le caratteristiche delle persone colpite, con un minor peso della tossicodipendenza e una decisa preponderanza della trasmissione sessuale, sia etero che omosessuale-bisessuale.
È aumentata inoltre la proporzione di casi ( AIDS o nuove infezioni ) riscontrati in pazienti che scoprono tardi il loro stato di infezione, quando l’HIV ha già determinato un grave danno immunitario.
La prevalenza dei soggetti definiti late presenters è in costante aumento negli ultimi anni ed attualmente costituiscono oltre il 50% dei nuovi casi di AIDS in Italia.
Le diagnosi tardive sono un problema di grande rilevanza per la Sanità pubblica: è stato calcolato che questi soggetti, infetti inconsapevoli,sono responsabili del 55% dei nuovi contagi per via sessuale, e il ritardo diagnostico è la spia di una riduzione della percezione del rischio per HIV nella popolazione generale.

Il virus HIV è uno degli agenti patogeni più noti e studiati nella storia della medicina. Tuttavia, oltre tre decadi di ricerca non sono state sufficienti per sviluppare una terapia eradicante definitiva e/o vaccini efficaci.
La cART è infatti in grado di bloccare la replicazione virale ma non è in grado di guarire l’infezione.
La capacità del virus di evadere la risposta immunitaria dell’ospite e di radicarsi permanentemente all’interno di serbatoi cellulari, rappresentano tuttora gli aspetti patogenetici più importanti da risolvere e sono uno dei temi dominanti dell’attuale ricerca clinica.

La peculiarità che ha contraddistinto il danno immunitario provocato da HIV sin dall’inizio della pandemia, è stata la progressiva distruzione di un gruppo di cellule, i linfociti CD4, che fisiologicamente rappresentano il cardine su cui si basa una corretta funzionalità di tutto il sistema immunitario.
Più recentemente, si è evidenziato un secondo ed altrettanto importante meccanismo patogenetico, ossia l’instaurarsi di processi infiammatori cronici che attivano in modo anomalo ed aberrante il sistema immunitario, sin dalle prime fasi dell’infezione.
Lo stato di infiammazione - immunoattivazione cronica che contraddistingue l’infezione da HIV, è molto spiccato nei soggetti che iniziano tardi la terapia e non è modificato dalla maggior parte dei farmaci antiretrovirali. Esso è responsabile di un invecchiamento precoce del soggetto infetto ed è caratterizzato da un aumento delle patologie tipiche dell’anziano.
In questo nuovo scenario sono quindi mutate le esigenze terapeutiche e assistenziali dei soggetti infetti e hanno assunto maggiore rilevanza le problematiche legate alle comorbidità non-infettive, prima fra esse la patologia neoplastica.
I tumori rappresentano oggi una delle principali cause di morbidità e mortalità per il soggetto con infezione da HIV.
L’immunodepressione e l’immunoattivazione cronica provocate dal virus influenzano negativamente la storia naturale di tutti i tumori, con un aumento della loro aggressività biologica e della mortalità.

Sono numerose le neoplasie provocate dalla perdita, parziale o totale, delle difese immunitarie in pazienti che hanno contratto l’infezione con il virus HIV o che sono state curate con farmaci immunosoppressivi dopo trapianto d’organo.

Tra questi tumori, sono soprattutto quelli collegati alle infezioni virali croniche a creare le maggiori difficoltà.
Non solo la frequenza dei tumori nelle persone con infezione da HIV o con l’AIDS e nei trapiantati di organo è di circa due volte maggiore di quanto si osserva nelle persone dello stesso sesso ed età della popolazione generale, ma queste neoplasie sono spesso causa di morte prematura.
Ne fanno parte alcune tipologie di linfomi, il tumore del polmone, del fegato e del rene, principalmente.

Un tumore era tra le cause di morte riscontrate nel 29% di 2.515 persone decedute in Italia con l’AIDS tra il 2006 e il 2010 mentre tra 2.832 persone sottoposte a trapianto di fegato, i tumori sono risultati 1.8 volte più frequenti che nella popolazione generale, con un conseguente aumento del rischio di morte di 4.7 volte.
Dati, questi che sottolineano l’esigenza di prevenzione oncologica primaria e secondaria nelle persone con deficit acquisiti del sistema immunitario. ( Xagena Medicina )

Fonte: CRO Aviano, 2018

Xagena_Salute_2018


Per approfondimenti su Infezione da HIV e Tumori:

AIDSonline.it https://www.aidsonline.it/

OncologiaMedica.net https://www.oncologiamedica.net/



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