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Epatocarcinoma, l'immunoterapia con Nivolumab aumenta la sopravvivenza



Il tumore al fegato, anche noto come epatocarcinoma, è un tumore silenzioso perché non mostra sintomi specifici.
Solo nel 2016 ha colpito 12.800 italiani e non più del 10% delle diagnosi è in stadio iniziale.

In Italia vivono circa 27.750 persone con una diagnosi di cancro del fegato.

Uno studio di fase I-II presentato al Congresso della Società europea per lo studio del fegato ha evidenziato riduzioni sostanziali delle dimensioni del tumore e un tasso di risposta del 15-20% con Nivolumab ( Opdivo ) rispetto al 5% con l'attuale standard di cura.
Sono state arruolate 262 persone colpite dalla malattia in fase avanzata già trattate con la terapia standard.
E' stata osservata una riduzione della massa tumorale superiore al 30% del volume nel 20% dei casi, contro il 3% con la terapia standard, e una sopravvivenza a 11 mesi del 60% dei pazienti.

Le cause di questa neoplasia sono varie. Le infezioni da virus epatitici B ( HBV ) e C ( HCV ), abuso alcolico, malattie genetiche, malattie autoimmunitarie, diabete mellito, obesità possono indurre un danno persistente del fegato.
Le epatopatie croniche spesso si aggravano sfociando nella cirrosi epatica che è una malattia che può predisporre all'insorgenza del carcinoma epatico. Infatti, oltre il 90% dei casi di tumore al fegato insorge nei pazienti con cirrosi.

Per i pazienti con malattia avanzata, l'unico trattamento approvato, Sorafenib ( Nexavar ), permette di ottenere una sopravvivenza media non superiore a 11 mesi.
Per le persone che sono intolleranti o falliscono il trattamento con Sorafenib, non esiste allo stato attuale uno standard di cura.

Nivolumab è il primo trattamento immuno-oncologico a evidenziare una efficacia significativa proprio nei pazienti con epatocarcinoma avanzato pretrattato.
Nello studio la sopravvivenza media raggiunta con Nivolumab è stata di 16.1 mesi.
Un passo avanti, considerando che fino al 2007 non esisteva una terapia contro questa neoplasia e che negli ultimi 10 anni non è arrivata alcuna novità, perchè tutti gli studi hanno fallito.

L'immunoterapia con Nivolumab ha inoltre dimostrato di essere ben tollerata, di non dare effetti di tossicità epatica e, nei pazienti affetti anche da epatite B o C, di diminure la carica virale.

Lo scenario epidemiologico in Italia è destinato a cambiare. In futuro infatti i principali fattori di rischio del tumore del fegato saranno costituiti dalla steatoepatite, caratterizzata dall'accumulo di grasso nel fegato, e dalle malattie incluse nella cosiddetta sindrome metabolica, in particolare diabete mellito e obesità.
Da un lato la vaccinazione contro l'epatite B, iniziata in Italia nel 1991 nei neonati e dodicenni e limitata ai soli neonati a partire dal 2003, ha profondamente ridotto l'impatto di questo virus in Italia.
Per quanto riguarda l'epatite C non esiste un vaccino, ma le terapie oggi disponibili permettono di eliminare questo virus, per cui il rischio di tumore del fegato riguarderà soprattutto i pazienti che hanno già sviluppato cirrosi.

In Italia Nivolumab è stato approvato per il trattamento del melanoma avanzato ( sia in prima linea che pretrattato ), del tumore del polmone non-a-piccole cellule squamoso e non-squamoso ( avanzato pretrattato ) e del carcinoma renale ( avanzato pretrattato ). ( Xagena Medicina )

Fonte: BMS, 2017

Xagena_Salute_2017


Per approfondimenti: Epatologia.net http://www.epatologia.net/


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