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Terapia genica sperimentale contro i depositi tossici della malattia di Parkinson



Malattie neurodegenerative, tra cui il Parkinson o la demenza a corpi di Lewy, colpiscono in modo diffuso le cellule cerebrali.

Uno studio ha dimostrato la capacità di un nuovo vettore virale di diffondersi e rilasciare un gene terapeutico in tutto il sistema nervoso centrale, un risultato fondamentale per lo sviluppo di terapie geniche contro queste patologie.

Inoltre, i ricercatori hanno testato la tecnica sul modello murino della malattia di Parkinson, riuscendo a ridurre i depositi tossici che causano la morte dei neuroni e a migliorare la salute degli animali.

Lo studio è coordinato da Vania Broccoli, Unità di ricerca in Cellule Staminali e Neurogenesi dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milan, e dell’Istituto di Neuroscienze di Milano del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Lo studio è stato pubblicato su Molecular Therapy del gruppo Cell.

Alla base della malattia di Parkinson e di altre simili ( i parkinsonismi ) c’è la formazione di depositi tossici di proteine, tra cui la principale è nota come sinucleina.
Questi depositi causano la morte dei neuroni dopaminergici e rendono mal funzionati molti altri neuroni, con conseguenti sintomi motori debilitanti.

Mentre esistono diverse cure per trattare i sintomi, mancano trattamenti efficaci nel rallentare la progressione della patologia, attaccando la formazione dei depositi tossici.

La terapia genica, con la sua capacità di fornire geni terapeutici alle cellule, è un’ottima candidata: è noto infatti che l’enzima prodotto dal gene GBA1 è in grado di smaltire questi depositi e ci sono evidenze che indicano una riduzione della capacità di azione di questo enzima nella malattia del Parkinson.
Inoltre, circa il 5% dei malati di Parkinson – quelli con le forme più aggressive e precoci – presentano una mutazione nel gene GBA1, che rende questo enzima spazzino poco efficace.
Poter fornire alle cellule nervose di questi pazienti più copie dello stesso gene, potrebbe aiutarle a produrre la giusta quantità di enzima per eliminare i depositi, facendo così regredire la malattia.

Il problema è che i vettori virali impiegati di solito in terapia genica – ovvero i virus che, svuotati del loro contenuto virale, vengono utilizzati per consegnare i geni terapeutici alle cellule – sono incapaci di diffondersi nel sistema nervoso e agiscono solo su aree di tessuto ridotte.

Il virus testato nello studio – e messo a punto presso il California Institute of Technology – è diverso.
Questo nuovo vettore è in grado di superare la barriera emato-encefalica e di diffondersi in tutto il cervello.

La ricerca ha dimostrato che questo vettore può essere utile nella malattia di Parkinson, nonostante si tratti di un risultato limitato al modello sperimentale.

Dopo aver caratterizzato la capacità di questo virus di diffondersi in tutto il sistema nervoso centrale, i ricercatori hanno testato la sua efficacia dandogli da consegnare, nel cervello di topi parkinsoniani, il gene terapeutico GBA1, quello che produce l’enzima spazzino in grado di eliminare i depositi proteici.
Una singola iniezione nel sangue di questo virus ha permesso di attivare il gene GBA1 in vaste aree del cervello e prevenire o rallentare la formazione degli accumuli, proteggendo i neuroni.

Negli animali parkinsoniani questo trattamento ha bloccato lo sviluppo della malattia, mantenendo inalterate le capacità motorie e cognitive, con un aumento dell’aspettativa di vita. ( Xagena Medicina )

Fonte: IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, 2017

Xagena_Salute_2017


Per approfondimenti: ParkinsonOnline.net http://parkinsononline.net/



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