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Schizofrenia: arriva la prima terapia trimestrale a base di Paliperidone palmitato



Negli ultimi anni la cura della psicosi è cambiata grazie all’avvento dei LAI ( Long Acting Injectables ), farmaci a lunga durata d’azione, che permettono intervalli di somministrazione più lunghi rispetto ai farmaci orali e grazie ai quali il paziente non è più condizionato dall’assunzione giornaliera della terapia.

A essere cambiati, in questi anni, non sono solo le strategie terapeutiche ma lo stesso volto della malattia psicotica, malattia sempre più giovane: diminuisce l’età media alla quale i pazienti arrivano dallo psichiatra, perché la patologia viene diagnosticata sempre più precocemente, indice in parte di una maggiore accettazione del concetto di malattia mentale da parte delle famiglie e della società, ma anche a causa di alcuni fattori esterni che ne anticipano l’esplosione: il consumo di sostanze stupefacenti in primis, ma anche il ritmo di vita frenetico, l’esposizione continua a stimoli diversi, il bombardamento mediatico, l’incitamento alla violenza, che aprono la porta a una malattia probabilmente già presente, ma che in altre condizioni non necessariamente si sarebbe manifestata così precocemente.

Per affrontare il percorso terapeutico di questi giovani pazienti, è fondamentale tener presente che una più lunga durata di malattia non-trattata in soggetti schizofrenici è associata a una più lunga degenza ospedaliera, a più alti tassi di ospedalizzazione nel lungo periodo e a una più importante disabilità.
E’preferibile trattare la malattia prima possibile, evitando la degenerazione e il peggioramento.

Uno studio retrospettivo su 21.492 pazienti affetti da schizofrenia, ha mostrato come la terapia di lungo periodo con i farmaci antipsicotici sia associata a un minor tasso di mortalità generale e a suicidio, rispetto a nessun trattamento.

Secondo le stime dell’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità ), più di 21 milioni di persone al mondo soffrono di schizofrenia; in Italia sono circa 300.000, secondo uno studio condotto con la collaborazione dell’Università di Tor Vergata.
Le persone affette da schizofrenia hanno una mortalità più che doppia rispetto alla popolazione generale.

La schizofrenia comporta una enorme sofferenza: la distorsione della percezione compromette la capacità mentale e il senso di individualità della persona, la sua risposta affettiva e la capacità di riconoscere la realtà, di comunicare e di relazionarsi con gli altri.

La terapia trimestrale è un passo avanti non solo per la qualità di vita ma anche dal punto di vista clinico, perché l’aderenza al trattamento, favorita da una terapia di 4 somministrazioni all’anno, può diminuire il tasso di ricadute, come dimostrano gli studi clinici effettuati, e in particolare se il trattamento viene iniziato tempestivamente dopo la diagnosi.
Ogni nuovo episodio psicotico infatti aumenta il rischio di episodi successivi e le ricadute rappresentano il problema principale nella gestione della malattia psicotica, verificandosi nella gran parte dei pazienti.
Instaurare precocemente una terapia adeguata può migliorare la gestione della malattia e diminuire il tasso di ricadute: i sintomi della schizofrenia possono essere arginati fin dalla diagnosi grazie a terapie sempre più efficaci e maneggevoli come i LAI, che attualmente vengono utilizzati già all’inizio del percorso di trattamento per aumentare la probabilità di una vita normale per i pazienti.

Il recupero del paziente con schizofrenia è diventato nel corso degli ultimi anni un elemento sempre più importante. Nell’arco dell’ultimo decennio è stato fatto un percorso migliorativo di cura, che ha coinvolto medici, pazienti e familiari e che, da un approccio clinico in cui si affrontavano solo gli effetti devastanti delle fasi acute della malattia, ha condotto gradualmente alla situazione attuale in cui si cerca di perseguire il reinserimento della persona nel suo ambiente socio-familiare.
L’integrazione passa attraverso molteplici fattori connessi tra loro ma tutti essenziali per restituire un significato pieno alla vita del paziente: la resilienza, la consapevolezza sociale, la lotta contro lo stigma, le capacità funzionali.
Naturalmente la stabilità delle condizioni cliniche del paziente è un fattore indispensabile per la continuità e la completezza dei percorsi di reinserimento.
Pertanto la disponibilità di trattamenti farmacologici che migliorano l’aderenza alla cura rappresenta un importante tassello della strada per il recupero.
Uno schema di terapia che prevede 4 somministrazioni in un anno può essere gradito a molte persone, semplifica la cura.

Nel caso dei disturbi mentali gravi, il ruolo dei caregiver è solitamente assunto da un familiare, ma anche dagli operatori psichiatrici, i quali svolgono un ruolo essenziale nel percorso di cura del paziente.
I familiari, in relazione al ruolo di supporto e assistenza continua, riferiscono molto spesso di sentirsi sovraccarichi, di non avere tempo da dedicare ai propri hobby e ai propri interessi, e di sentirsi in colpa per la situazione del congiunto.
La possibilità di utilizzare farmaci a rilascio prolungato, con una somministrazione 4 volte l’anno, potrà avere un impatto positivo anche sui caregiver riducendo il carico familiare e, quindi, il rischio di conflitti e problemi, soprattutto per quanto riguarda l’impegno quotidiano nel dover ricordare l’assunzione della terapia.

Il Paliperidone palmitato a somministrazione trimestrale ( Trevicta ) è stato approvato dalla Commissione Europea ( CE ) a maggio 2016 per il trattamento della schizofrenia nei pazienti adulti in condizioni clinicamente stabili con Paliperidone palmitato a somministrazione mensile ( Invega ). ( Xagena Medicina =

Fonte: 25° Congresso della European Psychiatric Association, 2017

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Per approfondimenti: PsichiatriaOnline.net http://www.psichiatriaonline.net/



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