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L'encefalopatia epatica di tipo C interessa il 30-40% dei pazienti con cirrosi



Il fegato colpito dalla cirrosi diventa meno capace di detossificare. L'ammonio si accumula sempre di più, e le più gravi conseguenze sono a carico del cervello.

L'encefalopatia epatica di tipo C interessa il 30-40% dei pazienti con cirrosi. I segnali d'allarme non sono semplici da riconoscere. Cali dell'attenzione, difficoltà di concentrazione, deficit cognitivi e delle abilità spaziali. E poi confusione, difficoltà a svolgere lavori manuali di precisione, agitazione psicomotoria, aggressività.
I sintomi possono crescere a poco a poco o esordire in maniera eclatante come complicanza magari scatenata da un eccesso di terapia diuretica o da infezioni concomitanti.

Nella fase iniziale, l'encefalopatia minima dà una sottile modificazione dei comportamenti del paziente che in famiglia viene spesso percepita solo come un peggioramento del carattere, una maggiore irrequietezza, un'incapacità a dormire di notte che porta a stare più addormentati di giorno.
Circostanze che non sempre vengono riportate al medico e il rischio è che non vengano identificate come spie, come i primi sintomi della condizione di encefalopatia.

La situazione può degenerare in fretta. E nei casi più gravi si arriva anche al coma. In ogni caso il tributo in termini di qualità di vita è molto alto.

Una diagnosi precoce e tempestiva è molto importante perché può portare a dei provvedimenti di ordine terapeutico che possono rallentare la progressione di questa condizione e di prevenirne la ricorrenza.

L'encefalopatia epatica è una alterazione della funzione neurosensoriale dei pazienti con cirrosi epatica. E' abitualmente una manifestazione abbastanza tardiva di malattia, ma ha la caratteristica di essere facilmente soggetta a dei nuovi episodi e quindi ha necessità di essere identificata e trattata in modo da riportare il paziente a una qualità di vita importante.
Il motivo per cui si instaura è legato a una diminuita capacità detossificativa del fegato, che porta a un aumento dell'ammonio circolante e in più anche a delle alterazioni del sistema gabaergico.

La prima guida per il medico è una accurata anamnesi del paziente. Esami di laboratorio, come il dosaggio dell'ammoniemia, può evidenziare il sospetto di encefalopatia epatica.
Esistono poi test condotti in ambiente specializzato che verificano un non dominio delle funzioni superiori, capacità di collegamento e di memoria.
Prima di trattare il paziente, esami come la Tac cerebrale servono a escludere che alla base ci sia una motivazione organica.

Quando il quadro è chiaro è importante intervenire. Ci sono terapie comportamentali: una dieta equilibrata, un mantenimento della funzione intestinale.
Nel momento in cui si ha una situazione di encefalopatia conclamata, i provvedimenti si basano essenzialmente sull'utilizzo di uno zucchero non-riassorbibile, il Lattulosio che determina una diarrea osmotica, o di un antibiotico intestinale non assorbibile, la Rifaximina, che modifica la flora batterica intestinale prevenendo l'eccesso di produzione di ammonio.
La Rifaximina è estremamente ben tollerata, può essere utilizzata anche per lunghi periodi.

Quando la condizione è conclamata c'è necessità almeno inizialmente di un ricovero ospedaliero. Poi, una volta trattata la situazione clinicamente evidente, deve essere prevenuta la ricorrenza dell'episodio di encefalopatia che può essere molto precoce. ( Xagena Medicina )

Fonte: Università di Modena e Reggio Emilia 2017

Xagena_Salute_2017


Per approfondimenti: Epatologia.net http://www.epatologia.net/



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