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Immunoterapia oncologica: Pembrolizumab prolunga la sopravvivenza nei pazienti con tumore alla vescica metastatico


La sopravvivenza mediana dei pazienti trattati con Pembrolizumab ( Keytruda ) è risultata di 10.3 mesi rispetto ai 7.4 mesi con la chemioterapia, differenza che è risultata essere statisticamente, oltre che clinicamente, significativa.
Queste le conclusioni di Keynote-045, studio di fase 3, multicentrico, internazionale, randomizzato, di confronto tra il trattamento con Pembrolizumab e il trattamento con chemioterapia scelta dallo sperimentatore ( Vinflunina, Docetaxel o Paclitaxel ), nei pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico, già trattati con una precedente chemioterapia standard a base di Platino.

Lo studio Keynote-045 rappresenta un significativo avanzamento nel trattamento di seconda linea dei pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica e delle vie urinarie, in fase metastatica, dopo il fallimento di un precedente trattamento a base di Platino.

Pembrolizumab ha inoltre dimostrato un maggiore numero di risposte ( cioè la riduzione dimensionale delle sedi di malattia ): 21% rispetto a 11% con la chemioterapia; la durata mediana della risposta non è ancora stata raggiunta, mentre è stata di soli 4.3 mesi con la chemioterapia.

Si stiam che circa il doppio dei pazienti trattati con Pembrolizumab sia in grado di mantenere la risposta a 1 anno di trattamento: 68% versus 35%.

I vantaggi di sopravvivenza e risposta sono stati osservati in tutte le categorie di pazienti, indipendentemente dall’espressione del bersaglio del farmaco ( PD-L1 ) da parte del tumore.

Il profilo di tollerabilità è risultato essere nettamente a favore di Pembrolizumab: l’incidenza di effetti collaterali di ogni grado di severità è stata del 61% con Pembrolizumab rispetto a 90% con chemioterapia.
In particolare, l’incidenza di effetti collaterali di grado severo è stata riportata nel 15% dei casi trattati con Pembrolizumab rispetto al 49% dei casi che hanno ricevuto la chemioterapia.

Pembrolizumab è un anticorpo monoclonale altamente selettivo, disegnato per legarsi alla proteina chiamata PD-1 ( Programmed cell Death-1 ), presente sulla superficie di alcuni globuli bianchi. Quando Pembrolizumab si lega alla sua proteina bersaglio i globuli bianchi possono iniziare ad attaccare il tumore.
Fino a poco tempo fa non esistevano trattamenti considerati efficaci per questi pazienti. In Europa e in Italia, l’unico farmaco approvato dalle autorità regolatorie per questi pazienti era la Vinflunina ( Javlor ).

Il reale vantaggio dello studio Keynote-045 è che per la prima volta sono stati presentati risultati di uno studio di confronto con la chemioterapia in questi pazienti, con un livello di evidenza massimo ( Livello 1 ).

Il futuro obiettivo è quello di verificare l’efficacia di Pembrolizumab in una fase più precoce della malattia tumorale.
All’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è attivo lo studio, PURE-01, con la collaborazione di Merck, che è mirato al trattamento pre-operatorio dei pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica in fase muscolo-infiltrante, prima della cistectomia radicale.
L’obiettivo è quello di aumentare la possibilità di guarigione definitiva della malattia, salvaguardando la qualità di vita dei malati durante il trattamento. ( Xagena Medicina )

Fonte: Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ( INT-MI ), 2017

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