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Diabete mellito e rischio cardiovascolare: differenze di genere



La SID ( Società Italiana di Diabetologia ) ha dedicato un position paper alle differenze di genere nel diabete mellito e nelle sue complicanze, in termini di presentazione clinica, itinerario diagnostico, terapia e prevenzione.

Il diabete mellito è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, due volte più forte nelle donne che negli uomini.
Nella donna il diabete mellito ha una ricaduta particolarmente negativa riguardo alla coronaropatia e all’ictus. Il rischio di coronaropatia tra i maschi con diabete mellito è 2.16 volte maggiore che nella popolazione generale; ma per le donne diabetiche questo rischio è di 2.86 volte superiore.
Ciò significa che le donne con diabete mellito, rispetto alla controparte maschile, hanno un rischio di coronaropatia aumentato del 44%.
Il diabete mellito annulla il beneficio di protezione conferito dall’appartenenza al sesso femminile nei confronti delle malattie cardiovascolari.

Una situazione simile si presenta per l’ictus.
Nei maschi con diabete mellito, l’incidenza di ictus è di 1.83 volte maggiore rispetto a quella della popolazione generale; per le donne con diabete mellito questo rischio sale a 2.28 volte rispetto alle donne non-diabetiche.
Il rischio di ictus nelle donne con diabete mellito è superiore del 27% rispetto agli uomini diabetici.
Meno chiare sono le evidenze sulle potenziali differenze di genere per quanto riguarda l’arteriopatia periferica, anche se un lavoro derivante dal Framigham Study, suggerisce che le donne con diabete mellito presentano un rischio di claudicatio decisamente maggiore delle non-diabetiche.

Perché il diabete mellito, per le donne, è un fattore di rischio così importante nei riguardi delle malattie cardiovascolari ?

Diverse le ipotesi al riguardo ma nessuna conclusiva per ora. Alcuni studi hanno dimostrato che un cattivo compenso glicemico sembra condizionare maggiormente il rischio di ictus nelle donne; in particolare, ogni punto percentuale di aumento dell’emoglobina glicata si associa a un aumento del rischio di ictus del 6%.
I fattori ormonali hanno di certo un loro peso. Nel maschio, bassi livelli di testosterone sono un fattore di rischio di cardiopatia ischemica, mentre nella donna ad aumentare questo rischio è la presenza di elevati livelli di testosterone.

Gli ormoni possono incidere su questo rischio anche modificando la distribuzione del grasso corporeo: l’obesità addominale aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e questa condizione è più comune tra le donne che tra i maschi.
Vari studi hanno dimostrato che l’obesità addominale è più frequente tra i soggetti con diabete mellito di tipo 2, rispetto ai non-diabetici e quasi doppia tra le donne con diabete mellito, rispetto ai maschi con diabete.
L’associazione di altri fattori di rischio amplifica ulteriormente l’impatto del diabete come fattore di rischio cardiovascolare nella popolazione femminile, rendendolo superiore a quello dei maschi.
E’ il caso dell’ipertensione, degli elevati livelli di colesterolo LDL e dei trigliceridi con bassi livelli di colesterolo HDL.
Le donne con diabete mellito inoltre hanno una maggiore tendenza all’ipercoagulabilità del sangue ( elevati livelli di fibrinogeno, fattore VIIc e plasminogeno ), alterazioni della vasodilatazione endotelio-dipendente, uno stato pro-ossidante; tutte condizioni che possono favorire il verificarsi di patologie trombotiche.

Negli ultimi decenni la mortalità per malattie cardiovascolari si è andata progressivamente riducendo. Merito di un miglior controllo dei fattori di rischio e dell’introduzione di nuovi trattamenti.
Nelle donne con diabete mellito però la riduzione del rischio cardiovascolare è minore che negli uomini ( rispettivamente 23% e 17% ). Un’ipotesi è che nelle donne i fattori di rischio cardiovascolari sono trattati con minor attenzione.

E in effetti il minor raggiungimento degli obiettivi per i fattori di rischio cardiovascolari nelle donne con diabete è un dato ampiamente documentato sia in Italia che all’estero e questo vale soprattutto per le donne più anziane e con maggior durata di malattia. Tra i muri da abbattere in questo caso vi è l’errata percezione che le donne abbiano un rischio cardiovascolare inferiore agli uomini. Alle donne vengono somministrate meno di frequente le statine ( o le sospendono più facilmente all’insorgere di effetti collaterali ), i beta bloccanti dopo un infarto miocardico, gli ACE-inibitori nel trattamento della insufficienza cardiaca.
Inoltre, si assiste a una disparità di sesso nel trattamento con farmaci antipertensivi. Nelle donne l’Aspirina potrebbe avere un’efficacia antiaggregante minore che negli uomini. ( Xagena Medicina )

Fonte: SID :: Società Italiana di Diabetologia, 2017

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Per approfondimenti: Diabetologia.net http://www.diabetologia.net/



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