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Carcinoma epatico, in Italia previsto un futuro calo dell'incidenza grazie all'eradicazione del virus dell'epatite C



Il tumore al fegato è una delle principali cause di morte oncologica a livello globale. Le più comuni cause di epatocarcinoma comprendono l'infezione da virus dell'epatite B ( HCV ) e virus dell'epatite C ( HCV ), e consumo di alcol.

I dati del Global Burden of Disease ( GBD ) 2015 hanno mostrato che l’incidenza di questa malattia tumorale è aumentata del 75% dal 1990 al 2015 su scala globale, soprattutto nei Paesi asiatici.

In Italia, non sono segnalate variazioni di incidenza con quasi 13.000 diagnosi effettuate nel 2016.

Una delle cause principali di carcinoma epatico è rappresentata dalla infezione da HCV da cui dipenderebbero circa il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato.
Lo scenario epidemiologico in Italia è destinato a cambiare; l'eradicazione dell'infezione epatica permettererà di ridurre l'incidenza.
In futuro i principali fattori di rischio del tumore al fegato saranno costituiti dall’accumulo di grasso epatico e dalla sindrome metabolica.

L'epatocarcinoma è una malattia subdola, che non mostra sintomi specifici. Solo il 10% delle diagnosi avviene in fase iniziale. A causa del ritardo nella diagnosi, in molti casi, l’intervento chirurgico non è praticabile.

Il tumore al fegato ha basse percentuali di guarigione; a 5 anni dalla diagnosi solo il 16.1% dei pazienti è ancora vivo.
In Italia sono circa 28.000 le persone in vita dopo la diagnosi di carcinoma epatico.

Uno studio di fase 1, CheckMate 040, ha valutato la sicurezza e l'efficacia di Nivolumab ( Opdivo ), un inibitore di PD-1, nei pazienti con carcinoma epatico avanzato con o senza epatite virale cronica.

Una fase di aumento graduale del dosaggio è stata condotta in 4 Paesi ( USA, Spagna, Hong Kong e Singapore ) e una fase di espansione della dose è stata condotta in 11 Paesi ( Canada, Regno Unito, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Taiwan ).

I pazienti ammessi allo studio avevano punteggi Child-Pugh di 7 o inferiore ( Child-Pugh A o B7 ) per la fase di incremento del dosaggio, e di 6 o inferiore ( Child-Pugh A ) per la fase di espansione della dose e un ECOG performance status di 0-1.

I pazienti con infezione da virus dell'epatite B erano sottoposti a terapia antivirale efficace ( carico virale inferiore a 100 UI/ml ); la terapia antivirale non era necessaria per i pazienti con infezione da virus dell'epatite C.

I pazienti hanno ricevuto Nivolumab per via endovenosa alla dose compresa tra 0.1 e 10 mg/kg ogni 2 settimane nella fase di incremento della dose.
Nivolumab 3 mg/kg è stato somministrato ogni 2 settimane nella fase di espansione della dose a pazienti suddivisi in 4 gruppi: non-trattati o che non tolleravano Sorafenib ( Nexavar ) senza epatite virale; in progressione con Sorafenib senza epatite virale; con infezione da HCV, e con infezione da HBV.

Tra il 2012 e il 2016 sono stati trattati 262 pazienti ( 48 pazienti nella fase di incremento del dosaggio e 214 nella fase di espansione della dose ). Il 77% dei pazienti ha completato il trattamento.

Durante l'incremento del dosaggio, Nivolumab ha mostrato un profilo di sicurezza gestibile, e una tollerabilità accettabile.
In questa fase, il 96% ha interrotto il trattamento, l'88% a causa della progressione della malattia.
L'incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento non è sembrata essere associata alla dose e non è stata raggiunta alcuna dose massima tollerata.
Il 25% dei pazienti ha manifestato eventi avversi di grado 3-4 correlati al trattamento. Il 6% ha presentato gravi eventi avversi correlati al trattamento ( pemfigoide, insufficienza surrenale, disturbi epatici ).
Il 63% nella fase di incremento del dosaggio è deceduto; non è stata riscontrata una correlazione con la terapia a base di Nivolumab.

Nivolumab al dosaggio di 3 mg/kg è stato scelto per l'espansione della dose.
Il tasso di risposta obiettiva è stato del 20% nei pazienti trattati con Nivolumab 3 mg/kg nella fase di espansione della dose e del 15% nella fase di incremento della dose.
Nivolumab ha presentato un profilo di sicurezza gestibile e non sono stati osservati nuovi segnali nei pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato.

Le risposte obiettive durevoli indicano che Nivolumab può rappresentare un potenziale trattamento per il carcinoma epatocellulare avanzato. ( Xagena Medicina )

Fonte: JAMA Oncology & The Lancet, 2017

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Per approfondimenti: OncologiaMedica.net http://www.oncologiamedica.net/



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